Tiziano Assunta

Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore 1490 circa – Venezia 1576)

Assunzione della Vergine (1516-1518)
olio su tavola, 690×360 cm
Venezia, chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari

Commissionata nel 1516 da frate Germano Casale priore del convento dei Frari, venne solennemente inaugurata il 20 marzo 1518, suscitando tuttavia un’accoglienza non priva di qualche imbarazzo. L’opera, che segna la definitiva consacrazione dell’artista, si impone per l’originale interpretazione di questo tema che veniva svolto da Tiziano ponendo l’accento soprattutto sulla concitazione emotiva che attraversa le figure della scena sacra. Tale innovativa resa del soggetto si lega anche al particolare contesto storico nel quale nasce tale capolavoro, un contesto segnato dalla divisione dell’ordine francescano in conventuali e osservanti nel 1517 e soprattutto dalla disputa, in quel periodo particolarmente sentita, tra domenicani e francescani sul concetto dell’immacolata concezione di Maria, cioè sulla sua nascita senza ‘peccato originale’. L’immacolata concezione, che verrà riconosciuta della chiesa come dogma nel 1854, aveva per secoli opposto tra loro i francescani, che la sostenevano, e i domenicani che la eccepivano. Per i primi tale convinzione era intimamente legata anche alla sua assunzione in cielo, in cui si affermava che Maria vi era ascesa con il suo corpo incorrotto, perché per i francescani non era macchiato dal ‘peccato originale’. Già dal Trecento in ambito francescano si era stabilita un’equivalenza tra il tabernacolo con l’eucarestia e la figura della Vergine come tabernacolo di Cristo. In questo senso la scelta del tema raffigurato per decorare l’altar maggiore nel quale veniva officiato il sacramento dell’eucarestia era carico di significato. Un ulteriore rimando simbolico era poi costituito dalla presenza sopra la cornice marmorea dalla scultura di Cristo risorto, al quale la madre veniva accomunata dalla sua ascesa al cielo e, per i francescani, anche dalla sua nascita verginale. Ai lati della statua di Cristo non era ovviamente casuale la presenza dei Ss. Francesco e Antonio nel momento in cui i frati conventuali, cui apparteneva la chiesa, separatisi dagli osservanti considerati i veri depositari dell’eredità di Francesco, riconoscevano nel santo portoghese il paradigma della virtù conventuale. La connotazione trionfale di tutto il complesso decorativo era probabilmente asservito non solo alla ‘causa’ francescana di Maria sostenuta in opposizione ai domenicani, ma anche a quella dei conventuali, sotto l’autorità di Sant’Antonio, nei confronti degli osservanti. Nell’opera di Tiziano quindi il complesso progetto iconografico di cui sopra si manifesta in tutta la sua dirompente emozionalità, in cui la dimensione fisica e quella mistica appaiono inscindibilmente legate e allo stesso tempo distinte attraverso la luce. Quella dorata emanata da Dio Padre che investe la Vergine portata verso l’alto, mentre solo qualche tenue bagliore tocca le possenti figure degli apostoli che restano nella penombra. Un legame di assoluta empatia al mistero divino vissuto anche nella sua dimensione corporea, come mostra la vigorosa figura di Maria, un carattere fondamentale che ha segnato la storia di quest’ordine attraverso le stigmate di Francesco e la venerazione della Vergine immacolata, distinguendosi da quello più razionale dei predicatori domenicani.
Il dipinto costituirà un modello fondamentale per gran parte della pittura veneta e risulterà imprescindibile per la produzione di matrice tizianesca, come dimostra il dipinto di analogo soggetto di Cesare per la chiesa di Santa Maria Assunta a Castion.